Come è nata la copertina de Il Mulo di Francesca Sangalli

NASCITA DI UNA COPERTINA

PROCESSO CREATIVO

La possibilità di disegnare e realizzare creatività all’interno di un progetto che a prima lettura profumava per un verso di storia e per altro di bambini mi ha entusiasmato molto presto.

Il mulo prima di essere un racconto è stato uno scambio di immagini fra me e Francesca legate al suo rovistare nell’archivio fotografico di famiglia: immagini e fotografie del secolo scorso, scattate fra panorami limpidi di montagna e terre dove si è combattuta anche una guerra atroce. 

Come riportare tutto questo dentro il linguaggio a suo modo infantile e naturale del somaro? A quel punto sono venuti in mente i soldatini, gli animali di plastica, un immaginario di giochi per fortuna rimangono tali e hanno permesso alla nostra generazione di non vivere mai l’atrocità della guerra, se non con dei soldatini di plastica nascosti dietro le sedie e le scrivanie di casa.
Il progetto di illustrazione è nato quindi così: ricordo ancora quando Francesca è arrivata a casa mia con gli occhi sbarrati mentre io sul tavolo della cucina avevo sparso una distesa di sale grosso, le stampe delle sue fotografie attaccati al muro e sparpagliati nel sale fili di rosmarino presi dal terrazzo e animaletti di plastica insieme ai soldatini di quando ero piccolo. Il progetto di illustrazione è nato così.
Il grandissimo disegnatore e pittore iperrealista riccardo mannelli con cui ho lavorato molti anni alla rivista di satira Cuore mi ha sempre detto: una bella fotografia è solo una bella fotografia, una fotografia mediocre o brutta può diventare ispirazione per un’opera d’arte. Ho scattato delle fotografie a volte volutamente sfocate, Rozze, sovraesposte. Virate in bianco è nero questo scenario da giochi di bambini fatti da adulti è diventato poi territorio e di immagini della memoria, che hanno guadagnato, nella compattezza cromatica, un’identità storica inaspettata. A quel punto lavorare con il mio segno grafico e la corruzione dell’immagine su queste stampe è stato proprio un gioco.
Un puro gioco che ho fatto, utilizzando entrambe le mani, sporcandomi le dita, cercando di ragionare con la mente di un somaro. Per carità, in fin dei conti non è stato nemmeno particolarmente difficile.
Alla fine l’obiettivo era quello di creare illustrazioni che potessero essere per bambini ma leggibili anche e soprattutto da unocchio adulto, che aiutasse quella lettura a doppiofondo del romanzo di Francesca. In apparenza ragionamenti e linguaggi infantili, in profondità un viaggio dentro le insicurezze, le paure e la memoria, fra racconti di famiglia, giochi, immaginari e paure.
È una favola. E come tutte le favole attraversa la gamma delle emozioni. Così anche io ho voluto illustrare una favola, in modo giocoso, a volte ironico, ma sapendo anche che con la Storia non si scherza. Questo è un insegnamento che secondo me deve parlare molto anche al nostro presente.

Dal plastico alla fotografia

Così, dopo la stampa delle foto, sono passato a lavorare su queste immagini, creandoci dentro altre figure, definendo contorni, raccontando una storia nella storia, restituendo il carattere di questo personaggio, il mulo, e il suo tratto d'infanzia, facendolo parlare come nel libro ma utilizzando per lui la scrittura di un bambino, imperfetta, imprecisa, come sono nelle immagini finali i segni utilizzati per raccontarlo. Devo un grazie anche al lavoro sulla grafica nel libro di Anna Vecchi.